Ligabue Fandango
Nelle terre della Fabbrica Ducale, che si stendono tra il fiume e l’Appennino, in una Bassa padana simbolica, un mongolo, degradato erede di Gengis Khan, vaga per la pianura a ridosso del Po con i tedeschi alle calcagna, a loro volta insidiati da un coccodrillo ferocissimo, finché incappa in Antonio Ligabue, pittore matto che ama ritrarre tigri e motociclette. «Liga è un om che scappa perfino quando sogna»: e il romanzo, nei toni di un’epica minore, racconta con una scatenata fantasia picaresca gli incubi e le fughe dalla vita del pittore e dei suoi bizzarri compagni d’avventura: l’amico, anche lui pittore, Pietro Ghizzardi; Angelica, donna sensuale dal nome ariostesco, con suo figlio Bilìn; un tenore dalle ambigue predilezioni sessuali e varie altre creature che formano uno stralunato bestiario umano. Sullo sfondo, il rombo di una guerra in parte vissuta, in parte immaginata entro i confini d’un piccolo ducato, dove la Storia sembra essersi fermata: un territorio compreso tra l’ampio fiume e le colline franose, percorso da insidiosi alleati teutonici e presidiato dalle Bande Nere, milizie dell’invisibile sovrano proprietario della Grande Fabbrica Ducale, che produce con metodi da lager piastrelle di ceramica da esportare in tutto il mondo. A quasi vent’anni dalla prima edizione, si ripropone questo romanzo, veloce e intenso, in cui la follia padana assume ritmi di danza, mentre Roberto Barbolini dà vita a un insolito ritratto del favoloso Ligabue, tanto più vero quanto reinventato, lunatico e strampalato. Fuori una luna color limone acerbo rende la notte malinconichissima. Non gliene frega niente, lassù in cielo, di quel che capita quaggiù a noi disgraziati. Stringo la mano fredda dell’Armida, poi mi sdraio per terra come un cane. Annuso il fango smosso, disturbo i vermi nel loro sonno opaco. Dappertutto sento in giro odor di morte, mentre il gelo mi sale dalla pancia e si mescola al dolore che ho qui dentro, dove i preti dicono che c’è l’anima. Non ne voglio sapere più di niente, solo sparire in mezzo a questo fango che scivola piano piano verso il fiume. Se fin qui ho raccontato la mia storia, ora basta: la poso giù per terra. A imbrattarsi di melma. Se poi qualcuno vuol venire a prenderla, che si sporchi le mani e anche la faccia. Troppo male fa anche solo ricordare. Ne ho dette tante, che ho perso le parole.
Specifiche
- Genere: Narrativa
- Collana: la locanda
- Formato: 14x21 cm
- Pagine: 118
- ISBN: 9788832116601
- Anno pubblicazione: 2020
- Prezzo copertina:: 18
- Esiste la versione ebook?: no